Europa: I fluissi commerciali

(seguito) La maggior parte dei Paesi europei presenta comunque tutt'oggi una bilancia commerciale deficitaria: il Regno Unito di 36 miliardi di dollari nel 1990, l'Italia di 27, la Francia di 5. La Germania è l'unico Paese la cui bilancia commerciale è costantemente in attivo dal 1958 (+83,8 miliardi di dollari nel 1990) e assicura oggi oltre un terzo delle esportazioni della CEE.


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УРОК 17


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L'attuale processo di polarizzazione del commercio mondiale attorno a tre poli economici dominanti non ha fatto diminuire i pericoli di una guerra commerciale. L'Europa attorno alla CEE, l'area americana dominata dagli Stati Uniti, l'area asiatica orientale sotto influenza giapponese si configurano sempre più come spazi commer­ciali solo parzialmente liberi, con settori "protetti" dalla concorrenza estera e i cui scambi sono apertamente controllati da oligopoli multinazionali: ben due quinti del commercio mondiale sono oggi frutto di transazioni fra società multinazionali.

I conflitti d'interesse sembrano maggiori negli scambi di prodotti agricoli. Gran parte del commercio alimentare mondiale è dominata dalle necessità dell'Europa occidentale, che si avoca il 42,7% delle importazioni alimentari mondiali e il 34,3% delle esportazioni. L'au­tosufficienza alimentare è stata per secoli una vera ossessione per gli europei e poi, durante la fase delle conquiste coloniali, un obiettivo strategico di primo piano. Di fatto ha rappresentato anche una potente spinta verso l'apertura degli scambi a livello interplanetario, coinvolgendo aree di approvvigionamento sempre più lontane. Negli ultimi vent'anni le importazioni provenienti dai Paesi del Terzo Mondo, in gran parte ex colonie francesi, inglesi e olandesi, non hanno cessato di aumentare sia per prodotti non ottenibili alle latitu­dini temperate (cacao, caffè, tè ecc.), sia per quelli utilizzati nell'allevamento del bestiame (manioca, soia).

I prodotti agricoli sono oggetto di forti tensioni commerciali anche fra gli stessi Paesi industrializzati, soprattutto fra gli Stati Uniti e la CEE. Le rispettive economie agricole sono in forte com­petizione sul mercato mondiale a causa della cronica sovrappro­duzione. Gli Stati Uniti sono il primo fornitore di predoni agricoli della CEE, ma anche il primo cliente. I due partner hanno quindi un largo ventaglio di possibilità per esercitare reciproche ritorsioni ogni volta che temono una concorrenza sleale.

II costo di una guerra protezionistica fra la CEE e gli Stati Uniti è altissimo: 270 miliardi di dollari per il sostegno dei prezzi agricoli, 250 per quelli industriali. Di questo conflitto fa parte anche la battaglia monetaria, che ruota attorno al potere d'acquisto del dol­laro. Moneta insostituibile negli scambi mondiali, il dollaro è tuttavia, dagli anni Ottanta, al centro di un evidente paradosso: le autorità monetarie americane ne deprimono il valore per svalutare


l'enorme debito mondiale accumulato dagli Stati Uniti (647 miliardi di dollari nel 1989): in altri termini pagano quel debito emettendo carta-moneta.

Si è creata quindi una situazione mai presentatasi prima; per la prima volta, cioè, la moneta di riferimento degli scambi è risultala una moneta debole e inflazionata, esposta alla concorrenza di valute realmente forti come il marco tedesco e lo yen giapponese. Lunghe mediazioni per pacificare il commercio mondiale sono siate com­piute a più riprese dal GATT (Accordo Generale sulle Tariffe e il Commercio), associazione che ha lo scopo di liberalizzare gli scambi internazionali.


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