La merce 22-01-2009. Preambolo: I titoli degli incontri seminariali non sono mai rigorosamente indicativi dell’argomento trattato

 

https://www.youtube.com/watch?v=0k4aPVZ_NQc&list=PLB46558A11FE62E82

 

PREAMBOLO: I titoli degli incontri seminariali non sono mai rigorosamente indicativi dell’argomento trattato, poiché il tono colloquiale delle lezioni di Stefano Garroni e la stessa natura degli incontri (una serie di seminari collettivamente autogestiti miranti alla formazione marxista di quadri comunisti) fanno sì che la sua esposizione, fatta a braccio e sovente improvvisata, non sia mai sistematica (come sarebbe stata in un intervento scritto), né circoscritta all’argomento richiamato dal titolo, ma sempre aperta ad allargarsi verso ulteriori tematiche, inizialmente non previste; spesso suggerite dagli interventi degli altri compagni che lo seguivano nei seminari.  

NOTA: fra parentesi quadre il Redattore fa delle aggiunte per rendere più semplice la comprensione degli interventi e la stessa esposizione.   

 

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Stefano Garroni: Questo testo ci aiuta a capire meglio quello che facciamo oggi e a coglierne alcune implicazioni, per cui credo che la prossima volta si potrebbe discutere, da un lato; dall’altro lato a me piacerebbe – non so se gli altri compagni condividono – partecipare ad una riunione con una serie di compagni su questo tema: che ci facciamo della manifestazione? Cioè una volta che hai raccolto un numero enorme di persone, politicamente che si fa?

Non so se i compagni hanno in animo di affrontare questo tema, perché sennò siamo ridicoli perché raccogliamo un grande fiume di persone e poi non combiniamo niente di niente: muoiono operai ecc.

Ora, noi cominciamo l’approfondimento del discorso sulla merce e l’edizione italiana consigliabile ovviamente è questa degli Editori Riuniti del ‘57, perché gli Editori Riuniti avevano tirato fuori una serie di traduttori formidabili tra cui c’era la compagna Emma Cantimori Mezzomonti, quella che fece quella magnifica traduzione del Manifesto dei comunisti per Einaudi. Quindi, se è possibile come edizione italiana se si riesce a trovare usate questa, oppure la fotocopiamo.

Ovviamente il testo tedesco è quello della Dietz Verlag della Repubblica Democratica, che è in edizione isolata però fa parte dei Mega nella prima edizione.

Il capitolo sulla merce è introdotto in questo modo: nella prima parte c’è il capitale in generale, e il primo capitolo è La merce. Il che implicitamente riprende quello che dicevamo l’altra volta, cioè la merce e il denaro che sono forme elementari del capitale per cui nel momento in cui tu parli del capitale in generale cioè del capitale in quanto concetto e non in quanto realtà storica determinata (capitale giapponese, indiano, italiano ecc.), allora inizi dalle forme elementari che ti consentono poi mano a mano di sviluppare il discorso sulla [situazione] complessiva del capitale.

Questa è una metodologia hegeliana nel senso appunto che la forma elementare contiene dentro di sé potenzialmente i suoi sviluppi, le forme più complesse che mano a mano si svilupperanno nel tempo, e proprio perché le cose stanno così comincio dalle forme elementari per ragionare su di esse, evidenziarne le caratteristiche, le qualità, i predicati, e dallo sviluppo concettuale di quest’analisi ho lo sviluppo storico nelle tappe fondamentali del capitale in generale, del capitale come concetto.

Non so se ve lo ricordate ma l’altra volta dicevo che quando nell’ambito della letteratura hegeliana – e quindi anche nell’ambito di Marx – si parla di concetto (Begriff), si parla di qualcosa che non ha lo stesso significato che ha nella tradizione empirista, e questo è molto importante: in un manoscritto proprio sull’economia politica del 1844 (Manoscritti parigini o Manoscritti giovanili) Marx comincia dicendo che l’economia politica fast begreift nicht, contrapponendo i due verbi fassen e begreifen. Il senso della cosa è che l’economia politica fast la realtà economica, ma non la begreift, il che significa che riesce a cogliere le manifestazioni della realtà economica ma non riesce a ridurle a concetto, laddove ridurre a concetto significa ridurre a quella forma sviluppandosi la quale hai lo svolgersi della realtà che ti interessa. Mi spiego? Quindi il begriff è si una categoria logica (concetto) ma è una categoria logica che esprime l’andamento fondamentale dei fenomeni storici, quindi è un momento di convergenza tra pensiero ed essere, e infatti le varie tappe dello svolgimento del concetto corrispondono ad epoche storiche diverse e a caratteristiche storiche obiettive e sensibili, nel caso nostro di quella capitalistica.

L’altro verbo a cui Marx contrappone il verbo begreifen (di cui Begriff è il sostantivo), è fassen che significa cogliere, intuire, cioè è un conoscere immediato che non passa attraverso la mediazione dei processi razionali e quindi non riesce ad arrivare al cuore, al motore del movimento ma prende l’esteriore della cosa. Allora ovviamente ciò che non si vede ma pure muove le cose, questo il fassen non riesce a coglierlo.

 

Paolo Massucci: In questo caso però si può descrivere così anche la conoscenza puramente empirica? Forse c’è una differenza tra conoscenza intuitiva e quella empirica?

 

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Stefano Garroni: Il fassen, come l’intuizione, come il colpo di genio, sono tutte forme di conoscenza non mediata.

Si può fare un esempio storico molto preciso: la sirena (la donna mezzo pesce). Ovviamente nella realtà esistono oggetti compositi e puoi addirittura costruire degli oggetti compositi che nella realtà non ci sono e quindi farli ‘essere’, però tutto ciò è possibile quando è possibile capire il processo attraverso cui A e B si sposano, si legano, mentre la donna mezzo pesce è una realtà di cui non si riesce a capire come venga fuori, qual è il movimento che la fa venir fuori: non è possibile produrre il Begriff di questa realtà.

Io posso usare qui il fassen nel senso che io recepisco dalla tradizione mitologica l’esistenza di questa figura a cui immediatamente aderisco, do il mio assenso anche se in realtà se dovessi spiegarla io non potrei spiegarla.

E io ricordavo che il termine tedesco che usa Marx per movimento è Entwicklung, cioè lo svolgimento, lo snodarsi, lo svolgersi. Appunto, c’è la forma elementare e ragionando su questa mano a mano ne metto in luce delle caratteristiche, le quali si legano ad altre caratteristiche le quali fanno nascere altre caratteristiche e allora ecco che si determina quel processo storico per cui alla fine arrivi ad un certo risultato e questo risultato sarà la verità dell’inizio, nel senso che quell’immediato confuso da cui parto, solo quando viene svolto, e quindi solo quando si mettono in evidenza le sue caratteristiche, il rapporto tra queste caratteristiche, come dall’uno nasca l’altra, ecco che dà luogo ad un oggetto descrivibile. A quel punto effettivamente è, mentre prima è semplicemente una massa confusiva. Quindi proprio alla fine del processo di Entwicklung, di svolgimento della matassa, io ho l’oggetto: come Hegel diceva, l’inizio della filosofia non è esprimibile in parole: è mera intuizione e solo alla fine della logica puoi dare la definizione di quello che è stato all’inizio.

 

Ermanno Semprebene: Questo vale per qualunque tipo di disciplina, non soltanto per il discorso economico, ma per qualunque tipo di scienza, di ricerca: vale anche per il comunismo? Cioè un comunismo avanza per soluzioni intuitive e c’è un comunismo della testa dove tu arrivi a capire il perché e a dare una giustificazione alle cose?

 

Stefano Garroni: Esatto. Infatti il passaggio del socialismo dall’utopia alla scienza è prima l’espressione di bisogni, il grido della plebe che vuole questo, e poi mano a mano hai il processo di comprensione dei meccanismi per cui questo non c’è, per cui esiste la plebe, per cui la plebe protesta e come è possibile modificare la situazione. Quindi lo spostamento dal socialismo utopistico al socialismo scientifico è esattamente la maturazione del concetto, lo svolgimento del concetto.

Siccome – ripeto – il concetto nel linguaggio hegeliano non è un mero atto mentale ma è espressione del movimento storico, intanto passa da una fase del concetto ad una successiva, maturandosi la realtà oggettiva: non è un caso se nel ‘600 ho il socialismo utopistico e non è un caso che il socialismo scientifico ce l’ho nell’800 con la grande industria: è cambiata la vita, sono cambiati i rapporti reali, il tipo di quotidianità è cambiato e quindi io posso maturare una visione più articolata, ma perché è la vita che è cambiata, allora qui la mia riflessione è appunto espressione di un muoversi delle cose, mentre il fassen è semplicemente la mia pretesa che intuitivamente viene accolta.

C’è una pagina molto bella di Hegel: l’uomo religioso che dice: “Dio c’è”, non si accorge però che dire “dio c’è” è lo stesso che dire “dio”, cioè è una frase senza senso, una parola senza senso. “Dio c’è” vuol dire che dio ha questa, quest’altra e quest’altra qualità, e queste qualità derivano dalla nozione di dio, cioè dio ha da essere dimostrato attraverso quello svolgimento storico concettuale che è appunto il Begriff. Per cui è auto contraddittorio dire “dio c’è”.

Ora, se riandiamo a quel manoscritto giovanile sulla proprietà privata, l’economia politica fast das privateigentum aba begreift nicht: l’economia politica coglie la proprietà privata ma non la concettualizza, non sa spiegarla, non mi dà il processo di formazione avvenuto.

Qui c’è un elemento che io definirei divertente nel senso che ti può ridurre perfino al suicidio insomma, e cioè il fatto che permangono convinzioni nella mente comune – e possono permanere per secoli – anche quando sono clamorosamente smentite: la proprietà privata nasce come rivendicazione contro il proprietario fondiario assenteista, il latifondista terra tenente, come affermazione del contadino che dice: “No, questo l’ho lavorato io quindi questo è mio”, quindi la proprietà privata come espressione del mio lavoro, come risultato del mio lavoro, come inseparabile dal mio lavoro perché il mio lavoro è espressione della mia personalità: Berlusconi, Agnelli.

E Locke diceva: “Ad un certo punto gli uomini furono così stupidi da credere che certi pezzetti di metallo avessero un grande valore (oro e argento), e allora fu possibile comprare terra [in quantità tale] che andava molto al di là delle capacità di coltivazione”, però – e questo è molto interessante -, è in quest’epoca che nasce il mito di Obama (o degli Stati Uniti), perché Locke diceva: “Si è vero che la terra inglese si riduce in mani sempre minori, però per fortuna è possibile andare negli Stati Uniti”: ammazzi un po’ di indiani e ti pigli la terra.

 

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Stefano Garroni: Però questo mito degli Stati Uniti dove tu emigri e fai i soldi è nel ‘600 che nasce, e “tutti coloro i quali sono andati negli Stati Uniti e non hanno fatto i soldi sono dei fregnoni: <hai sbagliato, è colpa tua>”.

Questo lo dico per ricordare sempre che il capitalismo ovviamente come ogni sistema sociale è una realtà sia economica e sia ideologica, e non è un caso che la religione nel mondo capitalistico abbia contribuito a rassodare la convinzione che il fallimento economico è colpa di chi è fallito: “è segno che dio non ti apprezza per cui se tu sei povero? è colpa tua. E se sei andato in America e non hai fatto i soldi sei uno stronzo, perché l’America rende tutti liberi”

 

Paolo Massucci: Non so se è una questione solo religiosa o di qualcosa che va al di là di quello: di una cultura magari nord europea inizialmente, per esempio nella religione cattolica è meno vero questo.

 

Stefano Garroni: Si, hai perfettamente ragione, infatti io dicevo Locke che non è cattolico ma è cristiano e fa parte senza dubbio della tradizione cristiana. Non solo, ma della tradizione cattolica fa anche parte una certa diffidenza verso l’accumulazione di denaro, per esempio verso il dar denaro in prestito: l’usura. Viene condannata dalla chiesa cattolica.

 

Paolo Massucci: Infatti è questo, diciamo quest’aspetto della religione, ideologico, che poi ha un’influenza sull’economia, è anche il contrario del fatto che queste due religioni diverse e quindi due ideologie diverse, hanno a loro volta dei differenti rapporti con i rapporti di produzione.

 

Stefano Garroni: Un lavoro che io devo fare per una rivista economica brasiliana è una ricerca sulla disputa intorno all’economia di lusso, che è una disputa che nasce grosso modo un secolo prima (forse di meno) della disputa sul lavoro produttivo e lavoro improduttivo, e appunto, l’economia di lusso,lo spreco, il consumismo diciamo, i cattolici lo combattono e i protestanti no. E tu puoi vedere che questo dibattito economico è un dibattito etico molto preciso nel ‘600-‘700.

 

Alessandra Ciattini: Si però bisogna dire che la chiesa cattolica è infinitamente ipocrita perché contro l’usura la chiesa cattolica in America Latina era quella che prestava i soldi, e poi sappiamo benissimo il lusso di cui si circondano i grandi …

 

Stefano Garroni: Io credo che bisogna sempre pensare in questa maniera: quando la chiesa cattolica dice: “Non commettere atti impuri”, in realtà dice: “ Tu non commettere atti impuri, ma io si”, e questo rende proprio ideologica la religione che serve come strumento di controllo delle masse.

Però, tornando a Marx: “ A un primo sguardo la ricchezza borghese appare …” – e qui ritorniamo al discorso che si faceva l’altra volta: il verbo è Erscheinung e chiaramente ha il significato che dicevamo l’altra volta, cioè la ricchezza borghese si annuncia, dà la prova della propria esistenza “ come un immane raccolta di merci ”: “ Al primo sguardo la ricchezza borghese appare come un’immane raccolta di merci ”. E già perché per la posizione dialettica che Marx poi usa, il primo sguardo è sempre da considerare non dico con diffidenza, ma con molta attenzione: sicuramente non è la realtà profonda e può falsificarla, può rappresentarla, però certo è che ad un primo sguardo non ho la realtà profonda, ma ho bisogno di un ragionamento mediato attraverso la ragione, la costruzione del concetto, per capire quella realtà.

Nel linguaggio del movimento operaio – che è un linguaggio particolare – questo si chiama impressionismo, ma Lenin nel Che fare? polemizza contro l’economismo, contro questa immediatezza dell’operaio che combatte contro il padrone della propria fabbrica, che vede la prima apparenza e non va al fondo. Mentre il ruolo del partito è quello di inquadrare la prima apparenza dentro lo sviluppo del concetto.

La singola merce è – della ricchezza borghese – l’esistenza elementare. Non vi arrabbiate né scandalizzatevi se insisto su questioni terminologiche: ‘esistenza’ qui Marx la dà con Dasein che è un termine che ha una grande fortuna nel linguaggio filosofico e per esempio è un termine chiave nell’opera di Heidegger, quindi del momento più alto dell’irrazionalismo (e possiamo dire tranquillamente fascista perché lui è morto con la tessera del partito nazista in tasca, quindi…)

Dasein è però un termine che ha una pregnanza particolare perché significa si genericamente ‘esistenza’, ma in modo preciso è l’esser            qui. Da in tedesco vuol dire qua, sein è essere: essere qua, e quindi a volte è tradotto con ‘l’esserci’.

Appunto: l’immane raccolta di merci è l’esserci, cioè la prova che c’è il capitalismo, è proprio la manifestazione sensibile del capitalismo, è l’esserci.

Dasein infatti è un termine che ha un grosso uso nella letteratura esistenzialistica quando il problema sarà quello del singolo esserci, dell’individuo, quindi ha proprio la pregnanza di questa esistenza concreta, determinata, tangibile, proprio questa che io posso indicare.

 

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Stefano Garroni: Io credo che sottolineare il senso di certi termini sia uno dei modi per capire e inquadrare il pensiero di Marx esattamente.

Una singola merce si rappresenta sotto il duplice punto di vista di valore d’uso e valore di scambio ”. “ La singola merce si rappresenta …”, e il verbo usato è Darstellung, e per esempio Dartsellungs  è una mostra, un’esposizione di quadri ecc.

Quindi vuol dire che la singola merce si espone allo sguardo in questa sua funzione di annuncio dell’esistenza del capitalismo. La singola merce però – che a tutta prima sembra una cosa banale: è questa qua [il relatore prende un oggetto sul tavolo]. Invece ha una duplice natura, ha due qualità, vale a dire il Gebrauchswert e il Tauschwert, cioè il valore d’uso e il valore di scambio.

È chiaro che il valore d’uso è legato all’essere fisico della merce, cioè quest’oggetto, che so, quest’albero, essendo di legno può essere usato in una serie di modi, corrisponde ad una serie di bisogni che l’uomo ha, e l’albero in quanto valore d’uso può essere collocato dentro una società socialista, capitalista, feudale o quello che vi pare, ma è sempre albero con queste sue qualità e quindi con queste sue capacità di soddisfare certi determinati bisogni. Quindi caratteristica del valore d’uso è quella di differenziarsi dagli altri valori d’uso: se quello è legno ha qualità che non sono quelle dell’acqua poniamo, e quindi anche i bisogni che soddisfa sono diversi.

In quanto però valore di scambio, succede questa misteriosa operazione metafisica per cui due diversi (l’acqua e l’albero) paradossalmente diventano la stessa cosa perché entrambi espressione dello stesso valore di scambio. Adesso non entriamo nel merito dell’indicare che significa che hanno lo stesso valore di scambio, ma diciamo che i due possono essere scambiati tra di loro: a me manca l’acqua e a lui mancano gli alberi, allora io gli do un albero e lui mi da tre litri d’acqua, quindi possiamo scambiare queste due merci diverse perché in qualche modo sono uguali, e sono uguali per questa capacità di scambio, per questo valore di scambio, per cui io potrei, facciamo conto, indicare con D una certa quantità di valore di scambio ed elencare tutte le merci e scrivere “D = a tutte le merci che in una certa quantità rappresentano quella quantità di valore di scambio”, è chiaro? E non per caso ho detto D, che è il denaro.

Quindi il denaro è l’espressione, è il mezzo universale per cui cose diverse che soddisfano bisogni diversi ma sono scambiabili sia pure in proporzioni diverse: il denaro permette di comprarle.

 

Paolo Massucci: È l’unità di misura di una merce come valore di scambio?

 

Stefano Garroni: Del valore di scambio.

Questo non riusciva a capire John Locke e si chiedeva perché questi matti di uomini si sono messi in testa che l’oro, l’argento, hanno un valore.

 


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